Nuova biblioteca, Monza

2011

Il progetto accoglie ed elabora le istanze dei documenti posti a base del programma di realizzazione della biblioteca. Si prende atto che “la tendenza sempre più individualista delle società odierne ha portato in secondo piano, se non ad escludere del tutto, nelle città, la presenza di luoghi a carattere collettivo dove poter coltivare interessi conoscitivi di diversa natura ma anche, volendo, avere occasioni di scambio e di incontro con gli altri. La vita metropolitana e soprattutto quella nei centri minori, viste le più generali dinamiche territoriali, non può risolversi nell’ambito di relazioni, quasi esclusivamente funzionali, tra casa, lavoro, luoghi di consumo, richiedendo spazi per il tempo libero che non siano, ad esempio, i centri commerciali, luoghi dove spesso si rifugiano masse di persone spinte dalla “necessità” di acquistare qualcosa, ma in realtà dal desiderio di uscire di casa e incontrare qualcuno”. (1)

Tutto muove dall’incontro tra due vuoti:

  • Un vuoto urbano, il primo, prodotto dal disuso di una tessera pregiata nel mosaico del centro antico di Monza: il monastero, che dalla fine del Settecento è stato trasformato in caserma.
  • Un vuoto funzionale, il secondo, che l’amministrazione rileva come assenza di “un riferimento forte per i servizi di public library”.

All’interno della ex-caserma, un ampia corte – vuoto nel vuoto – appare come metafora di questa silenziosa assenza, attorno alla quale tutto ruota. Il progetto non tende a colmarla ma, nel rispetto delle preesistenze, a mettere a sistema gli spazi dell’edificio, creando un luogo totalmente nuovo con pochi, semplici movimenti .

Il primo movimento mira a trasformare un complesso inerte in fulcro, portandolo a conoscenza della città: un grande “mantello” si dispiega a proteggere il cuore dell’edificio, rivelandosi sul prospetto di piazza San Paolo. Andando delicatamente a posarsi, questa nuova copertura trasparente si adatta all’”orografia” dell’edificio e l’accompagna sino a incontrare l’intorno urbano. Il telo, che nelle opere di Christo riaccende l’attenzione su elementi del paesaggio urbano “impacchettandoli”, qui avvolge parte del volume d’ingresso, proiettando sulla piazza la biblioteca.

Il secondo movimento libera alcuni volumi che circondano la corte interna dalle parti che nel tempo ne hanno compromesso l’identità architettonica. Seguendo gli orientamenti del restauro conservativo-critico, il progetto mira a salvaguardare l’organismo storico, riproponendone l’immagine urbana consolidata nella memoria dei cittadini, e a eliminare demolire le parti architettonicamente “incongrue”, oltre che limitative rispetto alle esigenze del programma posto a base dell’intervento di recupero dell’edificio.

Il terzo movimento attiene all’idea stessa di fruizione della nuova biblioteca e all’essenza concettuale del progetto. Gli spazi previsti favoriranno al meglio l’”osmosi” tra il luogo e la città, nella prospettiva di comunicare già dall’esterno una nuova idea di biblioteca, sapendo incuriosire e guidare l’utente verso il suo interno, motivandolo a rimanere e ritornare.

La piazza – e con essa, idealmente, la città – trova dunque nella corte coperta della biblioteca un complemento e un nuovo ambito funzionale: uno spazio dove sostare, incontrare, esplorare, leggere, ascoltare, vedere mostre  o anche semplicemente da attraversare, curiosando qua e là e incontrando casualmente, per raggiungere via Zucchi attraverso la caffetteria. La forte trasparenza dell’ingresso su piazza San Paolo aiuta a “superare il timore della soglia”, amplificando il rapporto di confidenza e continuità tra due spazi urbani afferenti a due funzioni non più radicalmente altre: la piazza e la biblioteca.

(1) Domizia Mandolesi, in “L’Industria delle Costruzioni” n. 387, gennaio-febbraio 2006

Credits